Obiettivi del comitato
Gli obiettivi del Comitato sono finalizzati non solo alla ricostruzione storica dei tragici eventi e all'organizzazione di manifestazioni commemorative , ma anche alla valorizzazione di ciò che la calamità ha lasciato come dolorosa “eredità” a questo territorio.
A tal proposito è in corso l’iter burocratico per ottenere il riconoscimento, quale monumento commemorativo, di una parte dei resti del paese di Morino Vecchio. Il comitato, inoltre, si dedicherà a realizzare un’opera letteraria attraverso la pubblicazione di una memoria storica e proporrà attività che interesseranno:
• gli aspetti geologico-geografici ed antropologici che l’evento calamitoso ha procurato nell’area rovetana;
• l’architettura costruttiva dell’epoca;
• gli aiuti umanitari e la solidarietà verso le popolazioni del luogo;
• la formazione e l’informazione attraverso sinergie specifiche con le Scuole e le Associazioni del territorio - in particolare la Protezione Civile e i vigili del fuoco;
• la valorizzazione dell’aspetto paesaggistico di cui la Valle Roveto e, Morino in particolare, è estremamente ricca.
Un pò di storia
Il 13 gennaio 1915, si verificò la più grande catastrofe mai avvenuta nella Marsica.Uno dei più grandi cataclismi della storia d’Italia.
Il Terremoto di Avezzano, di vastissima scala (XI grado della scala Mercalli), scosse l’intero territorio marsicano provocando migliaia di morti e la pressoché totale distruzione di tutte le città della Marsica e dei territori confinanti, compresa la Valle Roveto.
Il telegramma inviato al Ministero dell’Interno dal pro-sindaco di Tagliacozzo parlava di una prima violentissima scossa, verificatasi alle ore 07:48, seguita da varie scosse di assestamento. La violenza di quella immane catastrofe naturale fu tale che, nella solacittà diAvezzano, principale centro amministrativo del territorio, su un totale di 11.208 abitanti, si contarono 10.719 vittime.
Il catastrofico terremoto della Marsica è tuttora unanimemente considerato uno dei disastri sismici più tristemente famosi e conosciuti della storia italiana. Considerando il solo Novecento, è secondo soltanto al maremoto di Messina, del 28 dicembre 1908.
I danni riportati furono ingenti in tutti i paesi del Fucino, alcuni dei quali furono completamente rasi al suolo, raggiungendo un altissimo tasso di mortalità, che in alcuni casi toccò picchi del 90%. Purtroppo gli effetti distruttivi non rimasero confinati nell’ambito della sola Conca del Fucino, ma interessarono anche i “paesi romiti dell’alta Valle del Liri”, come li definì il giovane reporter Scipio Slataper, primo inviato speciale a raggiungere le zone terremotate, in un suo illuminante servizio per “Il Resto del Carlino”. Furono colpite, inoltre, anche le zone del Cicolano e del Sorano (l’allora Terra del Lavoro, appartenente alla provincia di Caserta). Danni di minore entità furono complessivamente riscontrati in circa 700 località sparse in un comprensorio molto vasto, tale da interessare un’area compresa tra la Pianura Padana e la Basilicata.
Come riporta il noto sismologo dell’epoca, Alfonso Cavasino, nel suo saggio del 1935, sui terremoti d’Italia, il sisma non fu preceduto da scosse premonitrici (o più correttamente in inglese “foreshock”) o altri segnali: “Sembra che la catastrofe sia avvenuta improvvisamente senza, cioè, alcun segno precursore, dappoiché, non solo non fu avvertita in precedenza la benché minima scossetta in tutta la zona mesosismica, ma nemmeno si scorge alcunché nei tracciati dei più delicati apparecchi sismici dei tre Osservatori più vicini”.
Le repliche si susseguirono per ben 4 anni: solo nei primi sei mesi successivi, l’osservatorio di Rocca di Papa registrò quasi 1.300 scosse di varia intensità. Il numero ufficiale delle vittime nell’intera Marsica è semplicemente scioccante e dà l’incontrovertibile misura della portata della tragedia: 32.618.
Un caso veramente singolare è lo spettacolo che offre, ancora oggi, il borgo di Morino Vecchio, totalmente abbandonato in seguito al terremoto. I suoi resti sono posti al centro della Valle Roveto, come una vera e propria “Pompei terremotata”, che dall’alto della sua collina, con il suo campanile ancora intatto, domina l'insediamento di Morino Nuovo, ricostruito più a valle.
È questo uno scorcio che, ancora oggi, riesce efficacemente a rendere indelebile il ricordo di quel terribile sisma.